Giovedì 6 maggio alle 17.00 si è svolto un webinar di presentazione della nuova collana di manuali giuridici in Open Access di Ledizioni “Diritto aperto“. Nell’occasione è stato presentato anche il primo volume della serie.
Roberto Caso, Vaccini anti Covid-19: bene comune o proprietà privata? Il ruolo della ricerca universitaria e della scienza aperta, UNITRENTO-MAG, 31 marzo 2021
La finalità di questo testo è di aiutare gli studenti a maturare, attraverso l’apprendimento basato sul metodo casistico-problematico, una propria riflessione critica sull’evoluzione dei diritti (o del diritto) della personalità. In una società in cui la mercificazione e la datificazione si associano alla sorveglianza e quest’ultima diventa pervasiva si moltiplicano le minacce alla persona nelle sue dimensioni individuale e collettiva. In gioco è la tenuta delle società democratiche. In che misura il diritto civile (il diritto dei privati) può contribuire a contrastare o ad assecondare queste minacce? Alcune risposte parziali dovrebbero emergere nella parte quarta del libro.
DATI BIBLIOGRAFICI Autore: Roberto Caso Editore: Ledizioni Pubblicato nel: marzo 2021 Collana: Diritto Aperto Formato: brossura, 368 p. – PDF in Open Access – ePub ISBN cartaceo: 9788855264211 ISBN ePub: 9788855264228 ISBN PDF OA: 9788855264389 Prezzo cartaceo: 18 € Prezzo ePub: 8,99 €
WEBINAR DI PRESENTAZIONE DELLA COLLANA
Qui la registrazione del webinar della presentazione della collana svoltosi il 6 maggio 2021
Presentazioni del libro
Presentazione del manuale presso l’università Suor Orsola Benincasa: 28 settembre 2021
R. Caso, Il diritto morale d’autore, in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021
La produzione di vaccini anti-COVID-19 rappresenta, al momento, il dispositivo più rilevante per mettere fine alla pandemia. Il successo della campagna vaccinale mondiale dipende da molti fattori. Tra questi fattori vi sono anche gli strumenti giuridici di controllo esclusivo delle informazioni alla base della tecnologia dei vaccini. Brevetti per invenzione industriale, altre forme di proprietà intellettuale e segreti commerciali divengono oggetto di un’ampia discussione politica, filosofica, storica, economica e giuridica.
In particolare, il dibattito dispiegatosi nel primo anno di pandemia da coronavirus mette al centro dell’attenzione i brevetti sui vaccini. Da una parte, vi è chi difende il ruolo dei brevetti e della proprietà intellettuale come strumento irrinunciabile di incentivo all’innovazione. Dall’altra, un movimento di idee e azioni sempre più esteso reclama interventi normativi immediati che conducano i vaccini a essere un bene comune dell’umanità.
Occorre competere tra Stati, centri di ricerca e imprese per il controllo esclusivo di conoscenze e tecnologie, o invece occorre cooperare mettendo, innanzitutto, i vaccini in pubblico dominio?
La soluzione di tali quesiti chiama in causa anche problemi di geopolitica come il rapporto tra Paesi con diversi livelli di ricchezza, o l’uso strumentale dei vaccini da parte delle grandi potenze mondiali per estendere le proprie sfere di influenza. Di sicuro, si tratta di una discussione che non può essere ridotta ai soli termini economici. Il controllo monopolistico che deriva dal brevetto (e da altre forme di controllo esclusivo dell’informazione) non si traduce solo nel potere di fissare il prezzo al riparo dalla pressione concorrenziale, ma sposta l’asse del potere di decidere tempi e modi della produzione dei vaccini da centri decisionali pubblici a imprese private che operano per il profitto.
Inoltre, la soluzione dei quesiti in campo implica che si affronti il problema delle relazioni tra ricerca pubblica e industrie farmaceutiche. Ad esempio, ha senso che in Italia la ricerca sui vaccini sia svolta in competizione da diverse università e istituti di ricerca pubblici per poi essere brevettata e ceduta a industrie farmaceutiche private (magari anche non italiane o europee)? È questo il modello migliore? O esistono alternative?
Per rispondere a queste domande l’Università di Trento in collaborazione con l’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) organizza un seminario online durante il quale accademici, scienziati, medici, politici e attivisti si confronteranno proponendo diverse visioni del mondo. Ragionare sulle sfide che l’attuale pandemia lancia al diritto dei brevetti e della proprietà intellettuale significa dialogare intorno non solo all’emergenza contingente ma anche all’adeguatezza dell’attuale sistema della proprietà intellettuale a risolvere i problemi che il futuro porrà (duramente) di fronte ai nostri occhi.
Per partecipare è necessario compilare il seguente form di adesione online entro le ore 8.00 dell’8 marzo 2021. A ridosso dell’evento verrà inviato a ciascun iscritto le credenziali per accedere.
R. Caso, F. Binda, Il diritto umano alla scienza aperta, Trento LawTech Research Papers, n. 41, Trento, Università degli studi di Trento, settembre 2020
18 febbraio 2021: lettera aperta dell’AISA su vaccini anti-COVD-19 e brevetti
Lettera aperta al Presidente del Consiglio, Prof. Mario Draghi, alla Ministra dell’Università e della Ricerca, Prof. Cristina Messa, al Ministro della Salute, On. Dott. Roberto Speranza
Proposta per una vaccino anti-COVID-19 pubblico e aperto
Trento, 18 febbraio 2021
Caro Presidente, cari Ministri, L’AISA indirizza al Governo una proposta che si articola nei seguenti sei punti.
1. Cooperazione invece di competizione
Notizie di stampa riferiscono di centri di ricerca italiani che stanno studiando l’elaborazione di un nuovo vaccino anti-COVID-19. Alcuni di questi centri appartengono a università o enti di ricerca pubblici che fanno capo allo Stato e sono finanziati dal contribuente. In una situazione pandemica, continuare a costringerli a reinventare la ruota in nome del culto del brevetto e della competizione intestina non è soltanto inefficiente: è letale. Occorre trovare il modo di farli cooperare, nell’interesse dell’Italia e dell’umanità.
2. Un vaccino libero
Qualche giorno fa il Ministero dell’università ha pubblicato il Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027, che contiene anche alcune dichiarazioni a favore della scienza aperta (§ 3.5.1). In un paese in cui il dire è sempre stato più facile del fare, università ed enti di ricerca potrebbero finalmente essere incoraggiati a collaborare per mettere a disposizione di tutti – di tutti gli italiani e di tutti gli esseri umani – le conoscenze e le tecnologie necessarie a produrre un nuovo vaccino, in una concorrenza leale, sui principi ancor prima che sui prodotti, con le multinazionali del farmaco che, grazie ai brevetti, hanno potuto costruire un sistema fondato su un’artificiale – e mortale – scarsità.
3. Finanziamento pubblico e donazioni civiche
Il finanziamento di questa ricerca potrebbe basarsi su fondi statali – per esempio del MUR e del Ministero della Salute – e sul contributo volontario dei cittadini, italiani e no.
Una simile iniziativa può sperare di avere successo solo se le sue regole di base sono chiare e pubbliche, perché pensate allo scopo di garantire, con una sorta di patto fra cittadinanza e ricerca, che da ciò che è pubblico e liberalmente donato si ottenga qualcosa che sia destinato a rimaner pubblico e liberalmente donato. Questa donazione da parte della rete della ricerca pubblica e dei cittadini che la finanziano direttamente e indirettamente non salverebbe soltanto le vite di pazienti ricchi e poveri, italiani e no, ma metterebbe a disposizione delle imprese italiane e del mondo le conoscenze e la tecnologia relativa al nuovo, e libero, vaccino.
4. Collaborazione tra stato e imprese
Le imprese italiane potrebbero essere le prime a produrre il vaccino sia perché si gioverebbero di conoscenze e tecnologie geograficamente prossime, sia perché potrebbero approfittare del contributo del resto del mondo, costruito sulla loro conoscenza condivisa. Moderna ha scelto di sospendere unilateralmente e senza impegno le azioni giudiziarie a tutela dei propri brevetti allo scopo di trar vantaggio dall’inventiva altrui. Offrire però al resto del mondo la possibilità di sperimentare e contribuire a conoscenze e tecnologie legalmente aperte invece che solo provvisoriamente e arbitrariamente libere e potenzialmente costose sarebbe, di nuovo, una concorrenza morale, e non soltanto leale.
5. Strumenti giuridici
Gli strumenti giuridici per attuare i 4 principi sopra elencati non mancano. Una delle opzioni disponibili è la cosiddetta pubblicazione difensiva, cioè la pubblicazione di tutte le informazioni riguardanti la tecnologia alla base del vaccino. La pubblicazione difensiva, senza imporre ulteriori costi, distrugge la novità dell’invenzione e impedisce a tutti di brevettarla. L’esempio della rete mondiale alla base della distribuzione dei vaccini anti- influenzali dimostra che si possono concepire e attuare opportune misure organizzative e giuridiche volte a garantire il funzionamento della Scienza Aperta nel campo della tutela della salute.
Questa proposta permetterebbe di far uso di norme che già esistono per evitare che, con una sindemia – dovuta alla concomitanza dei problemi sanitari, economici e sociali – in atto, l’interesse di pochi monopolisti continui a prevalere sul diritto di tutti alla salute e alla conoscenza.
6. Licenze obbligatorie
È auspicabile che in tempi rapidissimi si proceda all’inserimento nel decreto legislativo, 10 febbraio 2005 n. 30 (codice della proprietà industriale) di una disposizione normativa sulle licenze obbligatorie nella materia della tutela della salute pubblica. Tra i grandi paesi europei, l’Italia è l’unica a non essersi dotata dello strumento delle licenze obbligatorie previste dall’art. 31 dei Trade Related Intellectual Property Rights (TRIPs). La recente proposta di legge n. 4149 (2016) della XVII legislatura si muoveva in questa direzione.
Cordiali saluti,
Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA)
Silvia Bello (Università del Piemonte Orientale) Stefano Bianco (INFN, Laboratori Nazionali di Frascati) Roberto Caso (Università di Trento) Emanuele Conte (Università Roma Tre) Giovanni Destro Bisol (La Sapienza, Roma) Ilaria Fava (Göttingen State and University Library) Paola Galimberti (Università di Milano) Enrico Pasini (Università di Torino) Maria Chiara Pievatolo (Università di Pisa)
Notizie di stampa riferiscono di centri di ricerca italiani che stanno studiando l’elaborazione di un nuovo vaccino anti-COVID-19. Alcuni di questi centri appartengono a università o enti di ricerca pubblici che fanno capo allo Stato e sono finanziati dal contribuente. In una situazione pandemica, continuare a costringerli a reinventare la ruota in nome del culto del brevetto e della competizione intestina non è soltanto inefficiente: è letale. Occorre trovare il modo di farli cooperare, nell’interesse dell’Italia e dell’umanità.
2. Un vaccino libero
Qualche giorno fa il ministero dell’università ha pubblicato il Programma nazionale per la Ricerca 2021-2027, che contiene anche alcune dichiarazioni a favore della scienza aperta (§ 3.5.1). In un paese in cui il dire è sempre stato più facile del fare, università ed enti di ricerca potrebbero finalmente essere incoraggiati a collaborare per mettere a disposizione di tutti – di tutti gli italiani e di tutti gli esseri umani – le conoscenze e le tecnologie necessarie a produrre un nuovo vaccino, in una concorrenza leale, sui principi ancor prima che sui prodotti, con le multinazionali del farmaco che, grazie ai brevetti, hanno potuto costruire un sistema fondato su un’artificiale – e mortale – scarsità.
3. Finanziamento pubblico e donazioni civiche
Il finanziamento di questa ricerca potrebbe basarsi su fondi statali – per esempio del MUR e del Ministero della Salute – e sul contributo volontario dei cittadini, italiani e no.
Una simile iniziativa può sperare di avere successo solo se le sue regole di base sono chiare e pubbliche, perché pensate allo scopo di garantire, con una sorta di patto fra cittadinanza e ricerca, che da ciò che è pubblico e liberalmente donato si ottenga qualcosa che sia destinato a rimaner pubblico e liberalmente donato. Questa donazione da parte della rete della ricerca pubblica e dei cittadini che la finanziano direttamente e indirettamente non salverebbe soltanto le vite di pazienti ricchi e poveri, italiani e no, ma metterebbe a disposizione delle imprese italiane e del mondo le conoscenze e la tecnologia relativa al nuovo, e libero, vaccino.
4. Collaborazione tra stato e imprese
Le imprese italiane potrebbero essere le prime a produrre il vaccino sia perché si gioverebbero di conoscenze e tecnologie geograficamente prossime, sia perché potrebbero approfittare del contributo del resto del mondo, costruito sulla loro conoscenza condivisa. Moderna ha scelto di sospendere unilateralmente e senza impegno le azioni giudiziarie a tutela dei propri brevetti allo scopo di trar vantaggio dall’inventiva altrui. Offrire però al resto del mondo la possibilità di sperimentare e contribuire a conoscenze e tecnologie legalmente aperte invece che solo provvisoriamente e arbitrariamente libere e potenzialmente costose sarebbe, di nuovo, una concorrenza morale, e non soltanto leale.
5. Strumenti giuridici
Gli strumenti giuridici per attuare i 4 principi sopra elencati non mancano. Una delle opzioni disponibili è la cosiddetta pubblicazione difensiva, cioè la pubblicazione di tutte le informazioni riguardanti la tecnologia alla base del vaccino. La pubblicazione difensiva, senza imporre ulteriori costi, distrugge la novità dell’invenzione e impedisce a tutti di brevettarla. L’esempio della rete mondiale alla base della distribuzione dei vaccini anti-influenzali dimostra che si possono concepire e attuare opportune misure organizzative e giuridiche volte a garantire il funzionamento della Scienza Aperta nel campo della tutela della salute.
Questa proposta permetterebbe di far uso di norme che già esistono per evitare che, con una sindemia in atto, l’interesse di pochi monopolisti continui a prevalere sul diritto di tutti alla salute e alla conoscenza.
Il successo della campagna vaccinale anti-Covid-19 dipende da alcuni fattori.
a) Efficacia e sicurezza del vaccino.
b) Capacità di produzione del siero e dei dispositivi che lo veicolano (le fiale). La capacità di produzione dipende anche dall’accesso alla tecnologia; accesso regolato, al momento, dalla proprietà intellettuale e in particolare dal brevetto per invenzione industriale.
c) Capacità di organizzare la somministrazione.
d) Disponibilità a vaccinarsi.
Vorrei svolgere alcune considerazioni sul fattore b) ovvero sul fattore “brevetto”.
Il brevetto è uno strumento giuridico pensato per la competizione. Chi arriva prima a brevettare vince dallo Stato un premio che consiste nel conferimento di un monopolio temporaneo, cioè di un diritto di sfruttare in esclusiva l’invenzione. La giustificazione dominante per l’esistenza delle leggi che riconoscono i brevetti è che senza il conferimento del monopolio legale le imprese non avrebbero sufficienti incentivi a investire in innovazione e tecnologia. Senza una protezione legale, gli investimenti privati verrebbero vanificati dalla libertà di riproduzione della tecnologia.
Con riferimento alla pandemia, il quesito di fondo è il seguente. Il brevetto è lo strumento giuridico migliore per garantire che tutta l’umanità riceva in tempi brevi un vaccino anti-coronavirus? C’è seriamente da dubitarne. Sul punto si possono leggere le parole che Papa Francesco ha pronunciato nel messaggio urbi et orbi dello scorso Natale: “non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità”. Oppure quelle del direttore generale dell’OMS che ha parlato di “catastrofe morale” in riferimento al fatto che i paesi poveri sono al momento fuori dalla campagna vaccinale.
Ma ammettiamo, per amore di discussione, che il brevetto sia indispensabile a muovere le forze del settore privato e che non ci siano alternative pubbliche. Sorge a questo punto un secondo quesito. L’attuale regolamentazione del brevetto sui vaccini anti-Covid-19 è la migliore possibile? Anche intorno a questa domanda di più ristretto respiro, i dubbi che si addensano su un’eventuale risposta positiva sono molti.
Dei vaccini attualmente operativi, 3 sono occidentali e coperti da brevetti. Rispetto a questi ultimi, la copertura brevettuale consente ad aziende private di dettare tempi e modi con cui condurre la campagna vaccinale. È ammissibile? Non credo. Ci sono alternative? Sì. Le prevede la normativa che incarna uno dei simboli della globalizzazione: gli accordi sul commercio internazionale con riferimento ai diritti di proprietà intellettuale, i Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS).
I TRIPS prevedono interventi più o meno incisivi sulla proprietà intellettuale. Il più incisivo è la sospensione della proprietà intellettuale e dei brevetti sui vaccini per la durata dell’emergenza. Il più blando è il ricorso alle licenze obbligatorie per ragioni di tutela della salute pubblica, cioè a licenze imposte dagli Stati ai titolari dei brevetti per far produrre i vaccini anche ad altri. Si badi che le licenze obbligatorie prevedono comunque la corresponsione di un compenso ai titolari del brevetto.
L’intervento più incisivo è stato chiesto da India e Sudafrica assieme a molti altri paesi, associazioni e attivisti, ma vede l’opposizione dell’Occidente. L’intervento più blando è stato chiesto a gran voce da molti, anche in Italia.
Il superamento delle barriere elevate dalla proprietà intellettuale è auspicato anche dalla Risoluzione 2361 (2021) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
Tra i primi ad avanzare in Italia la richiesta di intervenire sulla proprietà intellettuale figurano Nicoletta Dentico e Silvio Garattini nonché Vittorio Agnoletto. Di qualche giorno fa è la lettera di alcuni europarlamentari europei (tra i quali vi sono italiane e italiani) in cui si chiede all’UE la sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid-19.
Il solo intervento sulla proprietà intellettuale non è la soluzione a tutti i problemi che frenano il decollo della campagna vaccinale. Tuttavia, potrebbe rappresentare un importante messaggio politico. A decidere delle vite di milioni di persone non sarebbe più solo il profitto.
To tackle the Covid-19 pandemic, we need Open Science more than ever. Humanity can only hope to quickly overcome the crisis it is facing by sharing worldwide the knowledge and technologies needed to produce vaccines, drugs and medical devices.
Many voices have been raised against the unfair grabbing of vaccines and drugs by rich countries to the detriment of the poor ones. Others have pointed out that pharmaceutical companies are able to dictate the time and mode of vaccination campaigns even in the wealthy West where they have their headquarters. Their power is even more surprising if we take into account that they enjoy direct funding from governments and benefit from the results of basic research supported by public money.
The TRIPS agreement (Trade Related Intellectual Property Rights, art. 31 bis) entitles states, in emergency situations, to enforce compulsory licenses on private patent holders so that other companies can produce generic versions of the patented drugs and vaccines, not without paying them a royalty. We need, at least, two urgent legislative actions:
in Italy, a regulatory provision on compulsory licensing in the field of public health protection should be included in the legislative decree, February 10, 2005 n. 30 (industrial property code);
in the European Union, legislation should be introduced to require the disclosure and transparency of contracts signed by the European Union and its Member States for the supply of vaccines.
AISA urges the lawmakers to fill these critical gaps, which are all the more inexplicable as they concern measures compatible with and contemplated by the current international system of intellectual property.
Per contrastare la pandemia da Covid-19 c’è bisogno di scienza aperta. Solo la condivisione mondiale delle conoscenze e delle tecnologie utili a produrre vaccini, farmaci e dispositivi medici può dare la speranza di uscire in tempi brevi dalla crisi che l’umanità sta affrontando.
Molte voci si sono levate contro l’ingiustizia che vede i paesi ricchi accaparrarsi le risorse per vaccini e cure. Altri hanno messo in evidenza che le case farmaceutiche sono in grado di dettare tempi e modi delle campagne di vaccinazioni anche nel ricco Occidente dove hanno le proprie sedi principali. Il loro potere è tanto più sorprendente se si considera che godono di finanziamenti diretti da parte degli stati e traggono profitto dalle conoscenze della ricerca di base sostenuta da fondi pubblici.
L’accordo TRIPS (Trade Related Intellectual Property Rights, art. 31 bis) autorizza gli stati, in situazioni di emergenza, a imporre licenze obbligatorie ai privati detentori di brevetti così che altre aziende possano produrre, non senza pagar loro un compenso, versioni generiche di farmaci e vaccini da loro controllati.
Tra gli interventi legislativi più urgenti da mettere in campo figurano:
a livello italiano, l’inserimento nel decreto legislativo, 10 febbraio 2005 n. 30 (codice della proprietà industriale) di una disposizione normativa sulle licenze obbligatorie nella materia della tutela della salute pubblica;
a livello europeo una normativa che imponga la pubblicità e la trasparenza dei contratti stipulati dall’Unione Europea e dagli Stati membri per la fornitura dei vaccini.
L’AISA chiede con forza al legislatore di intervenire per colmare queste lacune gravi e tanto più incomprensibili in quanto relative a misure compatibili e previste dall’attuale regime internazionale della proprietà intellettuale.
R. Caso, Il diritto d’autore e la mercificazione della scienza (cap. 23, preprint), in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021 (in corso di pubblicazione)
DDL 1146, Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, nonché introduzione dell’articolo 42-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di accesso aperto all’informazione scientifica
L. 19 aprile 1925, n. 475, repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche
G. Resta, in G. Alpa e G. Resta, Le persone e la famiglia 1. Le persone fisiche e i diritti della personalità, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Utet, Torino, 2019, pp. 486-508
G. Finocchiaro, Anonimato, in Digesto delle discipline privatistiche, Sez. civ., Agg., Torino, 2010
L. 19 aprile 1925, n. 475, repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche
Art. 4, 13, 18, L. 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio
Art. 2, Directive 2001/29/EC of the European Parliament and of the Council of 22 May 2001 on the harmonisation of certain aspects of copyright and related rights in the information society
C. Sganga, S. Scalzini, From Abuse of Right to European Copyright Misuse: A New Doctrine for EU Copyright Law (July 31, 2016). International Review of Intellectual Property and Competition Law (IIC), 2017, vol. 48(4), pp.405-435. (link)
EUCJ, Nintendo Co. Ltd v. PCBox srl (Causa C‑355/12) (2014) (link)
Art. 6, Directive 2001/29/EC of the European Parliament and of the Council of 22 May 2001 on the harmonisation of certain aspects of copyright and related rights in the information society
Art. 17, Directive 2019/790 of the European Parliament and of the Council of 17 April 2019 on copyright and related rights in the Digital Single Market and amending Directives 96/9/EC and 2001/29/EC (link)