Roberto Caso
8 febbraio 2021
Il successo della campagna vaccinale anti-Covid-19 dipende da alcuni fattori.
a) Efficacia e sicurezza del vaccino.
b) Capacità di produzione del siero e dei dispositivi che lo veicolano (le fiale). La capacità di produzione dipende anche dall’accesso alla tecnologia; accesso regolato, al momento, dalla proprietà intellettuale e in particolare dal brevetto per invenzione industriale.
c) Capacità di organizzare la somministrazione.
d) Disponibilità a vaccinarsi.
Vorrei svolgere alcune considerazioni sul fattore b) ovvero sul fattore “brevetto”.
Il brevetto è uno strumento giuridico pensato per la competizione. Chi arriva prima a brevettare vince dallo Stato un premio che consiste nel conferimento di un monopolio temporaneo, cioè di un diritto di sfruttare in esclusiva l’invenzione. La giustificazione dominante per l’esistenza delle leggi che riconoscono i brevetti è che senza il conferimento del monopolio legale le imprese non avrebbero sufficienti incentivi a investire in innovazione e tecnologia. Senza una protezione legale, gli investimenti privati verrebbero vanificati dalla libertà di riproduzione della tecnologia.
Con riferimento alla pandemia, il quesito di fondo è il seguente. Il brevetto è lo strumento giuridico migliore per garantire che tutta l’umanità riceva in tempi brevi un vaccino anti-coronavirus? C’è seriamente da dubitarne. Sul punto si possono leggere le parole che Papa Francesco ha pronunciato nel messaggio urbi et orbi dello scorso Natale: “non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità”. Oppure quelle del direttore generale dell’OMS che ha parlato di “catastrofe morale” in riferimento al fatto che i paesi poveri sono al momento fuori dalla campagna vaccinale.
Ma ammettiamo, per amore di discussione, che il brevetto sia indispensabile a muovere le forze del settore privato e che non ci siano alternative pubbliche. Sorge a questo punto un secondo quesito. L’attuale regolamentazione del brevetto sui vaccini anti-Covid-19 è la migliore possibile? Anche intorno a questa domanda di più ristretto respiro, i dubbi che si addensano su un’eventuale risposta positiva sono molti.
Dei vaccini attualmente operativi, 3 sono occidentali e coperti da brevetti. Rispetto a questi ultimi, la copertura brevettuale consente ad aziende private di dettare tempi e modi con cui condurre la campagna vaccinale. È ammissibile? Non credo. Ci sono alternative? Sì. Le prevede la normativa che incarna uno dei simboli della globalizzazione: gli accordi sul commercio internazionale con riferimento ai diritti di proprietà intellettuale, i Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS).
I TRIPS prevedono interventi più o meno incisivi sulla proprietà intellettuale. Il più incisivo è la sospensione della proprietà intellettuale e dei brevetti sui vaccini per la durata dell’emergenza. Il più blando è il ricorso alle licenze obbligatorie per ragioni di tutela della salute pubblica, cioè a licenze imposte dagli Stati ai titolari dei brevetti per far produrre i vaccini anche ad altri. Si badi che le licenze obbligatorie prevedono comunque la corresponsione di un compenso ai titolari del brevetto.
L’intervento più incisivo è stato chiesto da India e Sudafrica assieme a molti altri paesi, associazioni e attivisti, ma vede l’opposizione dell’Occidente. L’intervento più blando è stato chiesto a gran voce da molti, anche in Italia.
Il superamento delle barriere elevate dalla proprietà intellettuale è auspicato anche dalla Risoluzione 2361 (2021) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
Tra i primi ad avanzare in Italia la richiesta di intervenire sulla proprietà intellettuale figurano Nicoletta Dentico e Silvio Garattini nonché Vittorio Agnoletto. Di qualche giorno fa è la lettera di alcuni europarlamentari europei (tra i quali vi sono italiane e italiani) in cui si chiede all’UE la sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid-19.
Il solo intervento sulla proprietà intellettuale non è la soluzione a tutti i problemi che frenano il decollo della campagna vaccinale. Tuttavia, potrebbe rappresentare un importante messaggio politico. A decidere delle vite di milioni di persone non sarebbe più solo il profitto.