Il capitalismo della sorveglianza e dei monopoli intellettuali: il caso dell’Università

Università di Foggia, Dipartimento di Giurisprudenza, 28 giugno 2022

Il capitalismo della sorveglianza e dei monopoli intellettuali: il caso dell’Università, Workshop month 4 Re.Co.Se. project: The Legal Dimensions of Comprehensive Security, Università di Foggia, 28 giugno 2022

La fragilità della democrazia 2

L’estradizione di Assange e la mancata sospensione della proprietà intellettuale per il contrasto del COVID-19

I want you for U.S. Army : nearest recruiting station / James Montgomery Flagg. 1917. Library of Congress..War poster with the famous phrase “I want you for U. S. Army” shows Uncle Sam pointing his finger at the viewer in order to recruit soldiers for the American Army during World War I. The printed phrase “Nearest recruiting station” has a blank space below to add the address for enlisting…http://hdl.loc.gov/loc.pnp/ppmsca.50554

Roberto Caso versione estesa 2.0 21 giugno 2022 pubblicato su Agenda Digitale, 23 giugno 2022 con il titolo “Assange e vaccini, ecco le contraddizioni etiche dell’Occidente“, versione breve 1.0 18 giugno 2022 qui

1. L’estradizione di Assange e la mancata sospensione degli accordi TRIPS sulla proprietà intellettuale

Il 17 giugno 2022 le agenzie di stampa rimbalzavano due notizie apparentemente lontane e slegate.

La prima riguarda la decisione del governo britannico, per mano della ministra Priti Patel, di estradare l’australiano Julian Assange, fondatore nel 2006 di Wikileaks, negli Stati Uniti. Ad Assange e Wikileaks si devono, tra l’altro, la rivelazione dei crimini di guerra statunitensi commessi in Afghanistan e Iraq. Prima un anno e mezzo agli arresti domiciliari, poi rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e infine negli ultimi tre anni recluso in una prigione inglese di massima sicurezza, Assange è privo della libertà personale da quasi dodici anni senza aver subito una condanna (men che meno definitiva). In altri termini, è un cittadino innocente in attesa di un giudizio (di uno Stato straniero). Ha dovuto affrontare decisioni altalenanti dei giudici inglesi per poi subire un ordine di estradizione da parte della ministra Patel. Le sue condizioni fisiche e mentali lo espongono al rischio di perdere la vita. L’ultima speranza, sul piano giuridico, è affidata all’impugnazione dell’atto ministeriale da presentare entro un termine brevissimo e a un eventuale ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, la quale, peraltro, in questi giorni si è espressa in via d’urgenza contro il Regno Unito bloccando la deportazione di rifugiati in Ruanda.

La seconda concerne la decisione in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO nell’acronimo inglese) di raggiungere un accordo compromissorio nella materia dei brevetti sui vaccini che, in sostanza, lascia intatto l’attuale quadro normativo sulla proprietà intellettuale. In definitiva, l’accordo rigetta la proposta volta a sospendere tutti i diritti di proprietà intellettuale su farmaci, vaccini e dispositivi medici utili a contrastare il COVID-19. La proposta era stata avanzata da India e Sudafrica nell’ottobre del 2020 e poi sostenuta da molti Paesi nonché da un vasto movimento di opinione.

2. La fragilità della democrazia occidentale

Cosa lega le due notizie? La fragilità della democrazia occidentale e di due dei suoi valori fondanti: la libertà (di informazione) e la solidarietà. In questi mesi, la comunicazione dei governi occidentali si concentra, retoricamente, sulle minacce esterne alla democrazia liberale – Russia e Cina in testa – ma tace sulle debolezze e le contraddizioni interne.

La decisione di estradare Assange viene da un governo conservatore, politicamente indebolito, di un Paese che, a seguito della Brexit, appare sempre più allo sbando e prono alla potenza americana. Come ha messo in evidenza Vincenzo Vita su Il Manifesto il meccanismo giuridico inglese che porta all’estradizione è “curioso”. La decisione finale spetta a un ministro. Cioè è una decisione non collegiale di un solo rappresentante del potere esecutivo. La culla della democrazia liberale mostra evidentemente tutte le sue fragilità.

Alcuni commentatori – tra questi Andrea Monti su Repubblica – hanno sostenuto che Assange dovrebbe affrontare il processo negli USA. Ma l’accettazione da parte di un cittadino australiano, detenuto attualmente nel Regno Unito, del processo americano sconterebbe la compressione delle garanzie di giustizia che dipenderebbero dall’applicazione della legge in base alla quale gli Stati Uniti chiedono l’estradizione dell’australiano fondatore di Wikileaks: l’Espionage Act del 1917. L’amministrazione Trump nel maggio del 2019 ha infatti fondato le accuse verso il giornalista Assange sulla legge antispionaggio. Tale legge, nata allo scopo di perseguire penalmente i dissidenti contrari all’entrata degli USA nella prima guerra mondiale e poi a più riprese modificata, non distingue le spie dai whistelblower e non consente di difendersi in base al pubblico interesse. Comunque anche un’eventuale assoluzione – che sembra difficile da immaginare – non restituirebbe ad Assange gli anni di privazione di libertà che gli sono stati inflitti da uno Stato straniero, senza un processo e senza una condanna. Non si tratta quindi di un conflitto tra l’etica personale di un giornalista e il diritto, bensì “fra il diritto interno di un singolo stato, e l’etica di un cittadino straniero”, etica che si associa al diritto fondamentale alla libertà di espressione del pensiero. Insomma, si tratta di una questione giuridica (oltre che etica). Posto che tutti i Paesi occidentali riconoscono la libertà di informare e di essere informati, si tratta di decidere, attraverso gli strumenti del diritto internazionale (conflitto tra leggi territoriali), quale legge applicare. Se si ritiene, a buona ragione, che il diritto statunitense non è il diritto globale, non c’è nussun motivo giuridico che imponga ad Assange e al Paese dove è detenuto in carcere di accettare l’estradizione verso gli USA e il processo americano. Mentre ce ne sono di solidissimi che muovono verso la sua immediata liberazione.

La decisione di non sospendere i diritti di proprietà intellettuale chiude una danza macabra durata più di un anno e mezzo in cui hanno prevalso le pressioni delle Big Pharma per mantenere in piedi un sistema in cui decidono i poteri privati (e non gli elettori dei Parlamenti) e le strategie geopolitiche del blocco occidentale con l’Unione Europea in testa.

Il compromesso raggiunto si limita a consentire ai Paesi in via di sviluppo membri della OMC che non hanno capacità produttiva dei vaccini anti-COVID-19 di far uso di licenze obbligatorie di brevetti per invenzione non solo per la produzione interna, ma anche per l’esportazione verso altri Paesi in via di sviluppo anch’essi membri dell’organizzazione mondiale del commercio al fine di garantire un accesso equo ai vaccini. L’accordo, perciò, concerne i soli brevetti e lascia l’iniziativa ai singoli Stati membri dell’OMC. Per questo si discosta molto dalla proposta inziale di India e Sudafrica che invece riguardava la sospensione dell’accordo internazionale sul commercio in riferimento a tutti i diritti di proprietà intellettuale (non solo i brevetti) su tutti i farmaci (non solo vaccini) e dispositivi medici utili a contrastare la pandemia.

Provando a immedesimarsi negli occhi di chi proviene da Paesi poveri sprovvisti di informazioni, conoscenze e tecnologie per la tutela della salute, tale decisione suona come l’ennesima manifestazione di arroganza del potere coloniale. Il colonialismo, infatti, non funziona solo commettendo genocidi e depredando risorse naturali, ma anche negando beni immateriali (la proprietà intellettuale) che servono a salvare vite umane. Nicoletta Dentico su Sbilanciamoci ha scritto incisivamente sulla vicenda utilizzando la metafora della guerra.

“L’economia della conoscenza scientifica ed i meccanismi legalizzati di ‘appropriazione della scienza’ (come sostengono accreditati economisti) da parte di Big Pharma, anche quando l’innovazione è generata con finanziamenti pubblici (come, ma non solo, nel caso di Covid-19), definisce un crinale di guerra aperta tra il Nord e il Sud del mondo. Nessuno si scandalizzi per il paragone con la guerra tra Russia e Ucraina. Anche questa lo è. […] Su questo fronte, come sul recente conflitto europeo, il multilateralismo esce a pezzi, in un dialogo tra sordi non più in grado di intercettare le istanze di cambiamento e di trovare una mediazione conveniente alla sfida delle future pandemie”.

3. Conclusioni

La mobilitazione in giro per il mondo a favore di Assange può ancora provare a difendere la libertà di espressione. Nel nostro Paese è degna di nota la presa di posizione della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) che per bocca del suo segretario generale Raffaele Lorusso ha dichiarato che:

La decisione del governo di Londra di consentire l’estradizione di Julian Assange negli Usa è un attacco alla libertà di informare”.

La FNSI ha organizzato per il 21 giugno presso la sua sede la presentazione dell’appello contro l’estradizione di Assange promosso dal premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquive con il coinvolgimento, tra gli altri, di Stefania Maurizi, Vincenzo Vita e Armando Spataro.

C’è da augurarsi che si moltiplichino anche le iniziative per difendere la solidarietà e riformare la proprietà intellettuale a livello internazionale e nazionale.

Libertà, eguaglianza e fratellanza (solidarietà). A forza di declamare principi e valori traditi dai fatti non solo perdiamo forza e credibilità verso le minacce provenienti da mondi diversi dal nostro, ma distruggiamo la nostra storia e la nostra identità.

La fragilità della democrazia

L’estradizione di Assange e la mancata sospensione della proprietà intellettuale per il contrasto del COVID-19

Roberto Caso, versione breve 1.0 18 giugno 2022, pubblicata su L’Adige il 20 giugno 2022 con il titolo “La fragile democrazia dell’Occidente“, versione estesa 2.0 21 giugno 2022

Il 17 giugno 2022 le agenzie di stampa rimbalzavano due notizie apparentemente lontane e slegate.

La prima riguarda la decisione del governo britannico, per mano della ministra Priti Patel, di estradare l’australiano Julian Assange, fondatore nel 2006 di Wikileaks, negli Stati Uniti. Ad Assange e Wikileaks si devono, tra l’altro, la rivelazione dei crimini di guerra statunitensi commessi in Afghanistan e Iraq. Prima un anno e mezzo agli arresti domiciliari, poi rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e infine negli ultimi 3 anni recluso in una prigione inglese di massima sicurezza, Assange è privo della libertà personale da quasi dodici anni senza aver subito una condanna (men che meno definitiva). In altri termini, è un cittadino innocente in attesa di un giudizio (di uno Stato straniero). Ha dovuto affrontare decisioni altalenanti dei giudici inglesi per poi subire un ordine di estradizione da parte della ministra Patel. Le sue condizioni fisiche e mentali lo espongono al rischio di perdere la vita. L’ultima speranza, sul piano giuridico, è affidata all’impugnazione dell’atto ministeriale da presentare entro un termine brevissimo e a un eventuale ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani.

La seconda concerne la decisione in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO nell’acronimo inglese) di raggiungere un accordo compromissorio nella materia dei brevetti sui vaccini che, in sostanza, lascia intatto l’attuale quadro normativo sulla proprietà intellettuale. In definitiva, l’accordo rigetta la proposta volta a sospendere tutti i diritti di proprietà intellettuale su farmaci, vaccini e dispositivi medici utili a contrastare il COVID-19. La proposta era stata avanzata da India e Sudafrica nell’ottobre del 2020 e poi sostenuta da molti Paesi nonché da un vasto movimento di opinione.

Cosa lega le due notizie? La fragilità della democrazia occidentale e di due dei suoi valori fondanti: la libertà (di informazione) e la solidarietà. In questi mesi, la comunicazione dei governi occidentali si concentra, retoricamente, sulle minacce esterne alla democrazia liberale – Russia e Cina in testa – ma tace sulle debolezze e le contraddizioni interne.

La decisione di estradare Assange viene da un governo conservatore, politicamente indebolito, di un Paese che, a seguito della Brexit, appare sempre più allo sbando e prono alla potenza americana. Come ha messo in evidenza Vincenzo Vita su Il Manifesto il meccanismo giuridico inglese che porta all’estradizione è “curioso”. La decisione finale spetta a un ministro. Cioè è una decisione non collegiale di un solo rappresentante del potere esecutivo. La culla della democrazia liberale mostra evidentemente tutte le sue fragilità.

La decisione di non sospendere i diritti di proprietà intellettuale chiude una danza macabra durata più di un anno e mezzo in cui hanno prevalso le pressioni delle Big Pharma per mantenere in piedi un sistema in cui decidono i poteri privati (e non gli elettori dei Parlamenti) e le strategie geopolitiche del blocco occidentale con l’Unione Europea in testa. Provando a immedesimarsi negli occhi di chi proviene da Paesi poveri sprovvisti di informazioni, conoscenze e tecnologie per la tutela della salute, tale decisione suona come l’ennesima manifestazione di arroganza del potere coloniale. Il colonialismo, infatti, non funziona solo commettendo genocidi e depredando risorse naturali, ma anche negando beni immateriali (la proprietà intellettuale) che servono a salvare vite umane. Nicoletta Dentico su Sbilanciamoci ha scritto incisivamente sulla vicenda utilizzando la metafora della guerra.

“L’economia della conoscenza scientifica ed i meccanismi legalizzati di ‘appropriazione della scienza’ (come sostengono accreditati economisti) da parte di Big Pharma, anche quando l’innovazione è generata con finanziamenti pubblici (come, ma non solo, nel caso di Covid-19), definisce un crinale di guerra aperta tra il Nord e il Sud del mondo. Nessuno si scandalizzi per il paragone con la guerra tra Russia e Ucraina. Anche questa lo è. […] Su questo fronte, come sul recente conflitto europeo, il multilateralismo esce a pezzi, in un dialogo tra sordi non più in grado di intercettare le istanze di cambiamento e di trovare una mediazione conveniente alla sfida delle future pandemie”.

La mobilitazione in giro per il mondo a favore di Assange può ancora provare a difendere la libertà di espressione. Nel nostro Paese è degna di nota la presa di posizione della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) che per bocca del suo segretario generale Raffaele Lorusso ha dichiarato che:

“La decisione del governo di Londra di consentire l’estradizione di Julian Assange negli Usa è un attacco alla libertà di informare”

La FNSI organizza per il 21 giugno presso la sua sede la presentazione dell’appello contro l’estradizione di Assange promosso dal premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquive alla quale saranno presenti, tra gli altri, Stefania Maurizi, Vincenzo Vita e Armando Spataro.

C’è da augurarsi che si moltiplichino anche le iniziative per difendere la solidarietà e riformare la proprietà intellettuale a livello internazionale e nazionale.

Libertà, eguaglianza e fratellanza (solidarietà). A forza di declamare principi e valori traditi dai fatti non solo perdiamo forza e credibilità verso le minacce provenienti da mondi diversi dal nostro, ma distruggiamo la nostra storia e la nostra identità.

La cultura come “bene comune”. Strategie alternative di regolazione delle opere culturali

17 giugno 2022

R. Caso, La cultura come “bene comune”. Strategie alternative di regolazione delle opere culturali, “La ‘proprietà intellettuale’ delle opere dell’ingegno. Incentivo alla creatività o monopolio sulla conoscenza?“, Università di Siena, Dipartimento di giurisprudenza, Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza, Via P.A. Mattioli 10, Siena, 17 giugno 2022, fruibile on-line: https://meet.google.com/nsu-oknd-vaq – https://youtu.be/0mFO_mo3mPo

Open Data e privatizzazione della conoscenza

Roberto Caso, “Open Data e privatizzazione della conoscenza“, Data Governance Summer School, Jean Monnet Module Digital Citizenship in the European Union – DiCit, Università di Napoli L’Orientale, 6 e 7 giugno 2022, Sala Conferenze – Palazzo Du Mesnil, Via Partenope 10/A con accesso alla Via Chiatamone, 61 – Napoli – Programma disponibile qui.


Dizionario della Scienza Aperta

5 giugno 2022

L’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) ha iniziato a pubblicare il nuovo Dizionario della Scienza Aperta. Lo scopo dell’iniziativa è di pubblicare periodicamente brevi voci informative sul lessico dell’Open Science anche al fine di contrastare inesattezze e falsità sul mondo dell’apertura della conoscenza.

Le prime voci pubblicate sono:

Rivista ibrida

Double dipping

Accordi trasformativi

Diritto di ripubblicazione

Diritto di ripubblicazione


Fonte: Deadline – U.S.A., Wikipedia, https://en.wikipedia.org/wiki/Deadline_%E2%80%93_U.S.A.#/media/File:DeadlineUSA.jpg

Lemma per il Dizionario della Scienza Aperta dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA)

4 giugno 2022

Roberto Caso

Diritto di ripubblicazione

L’autore di un testo scientifico generalmente non guadagna dalla riproduzione e commercializzazione delle copie delle sue pagine. In particolare, l’autore di un articolo destinato a una rivista scientifica non ha interesse a ricevere un compenso economico, ma a veder diffuso, letto e criticato il suo contributo scientifico.

Nell’attuale sistema di valutazione della scienza scienza si ricorre al conteggio più o meno sofisticato delle citazioni ricevute dal contributo scientifico o dalla rivista dove è pubblicato al fine di redigere classifiche che influenzano lo sviluppo (o il declino) di università e dipartimenti nonché determinano la carriera degli scienziati. Questo perverso sistema induce una serie di distorsioni dell’autorialità scientifica. Tra queste distorsioni figura anche la pressione ad accettare contratti-capestro in cui l’editore impone al ricercatore la cessione gratuita dei diritti economici d’autore a fronte della pubblicazione. Una volta ceduti i diritti economici, è l’editore e non l’autore a decidere quale circolazione possa avere il testo.

L’editore inserisce il contributo in grandi banche dati digitali che vengono commercializzate a carissimo (e crescente) prezzo mediante licenze d’uso che attribuiscono non la proprietà sui contenuti ma semplicemente diritti d’uso. Nell’ambito della ricerca finanziata con fondi pubblici, i contribuenti pagano più volte la ricerca: finanziando lo stipendio, per il lavoro stabile o precario, dell’autore scientifico, del curatore della pubblicazione e del revisore dell’articolo, nonché acquisendo diritti d’uso su contenuti che rimangono nel controllo dell’editore. Inoltre, gli autori dei testi scientifici, che sono i principali fruitori delle banche dati scientifiche proprietarie, cedono gratuitamente i propri dati personali a un apparato commerciale che applica i dettami del capitalismo della sorveglianza all’editoria scientifica. Gli editori sono oggi imprese di analisi dei dati che sorvegliano il comportamento della comunità accademico-scientifica allo scopo di orientarne metodi di lavoro e finalità.

L’art. 42 della legge n. 633 del 1941 (legge sul diritto d’autore e sui diritti connessi), con riferimento a uno scenario tecnologico, economico e sociale completamente differente da quello contemporaneo, riconosce un limitato di diritto di ripubblicazione all’autore di articoli o di altre opere pubblicate in opere collettive. Ma fuori dai confini dell’Italia alcuni Paesi – Germania, Paesi Bassi, Francia, Belgio, Austria – hanno inserito nella propria legislazione un nuovo e più robusto diritto di ripubblicazione (messa a disposizione del pubblico) in Open Access. In alcune leggi, il diritto assume i tratti dell’irrinunciabilità e dell’inalianebilità. Qualsiasi tentativo da parte dell’editore di aggirare le prerogative dell’autore viene neutralizzato dalla legge.

Il diritto irrinciabile e inalienabile di ripubblicazione in accesso aperto costituisce espressione di autonomia e libertà di pensiero in ambito scientifico. Decidere se, quando e dove pubblicare e ripubblicare il proprio testo scientifico è espressione di libertà accademica. Il diritto di ripubblicazione in Open Access rappresenta una delle premesse giuridiche per restituire il controllo dei testi alla comunità scientifica.