Roma – CNR – 6 e 7 dicembre 2022
Programma qui

R. Caso, Le politiche italiane in materia di scienza aperta: lusinghe e misfatti
R. Caso, Diritto d’autore e [vs] diritto alla scienza (aperta)
Roma – CNR – 6 e 7 dicembre 2022
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R. Caso, Le politiche italiane in materia di scienza aperta: lusinghe e misfatti
R. Caso, Diritto d’autore e [vs] diritto alla scienza (aperta)
R. Caso, La valutazione autoritaria e la privatizzazione della conoscenza contro la scienza aperta
Abstract. Oggi il carattere democratico della scienza è minacciato dalla valutazione autoritaria nonché dalla privatizzazione della conoscenza. Non è solo una minaccia per l’università ma per la tenuta stessa della democrazia. Due esempi (pubblicazioni scientifiche e brevetti universitari in ambito biomedico) possono forse rendere l’idea di cosa significhi valutazione autoritaria e privatizzazione della conoscenza nell’università italiana.
17 novembre
La scienza aperta: ultima linea di difesa di una società democratica, Settimana della sociologia, Università Suor Orsola Benincasa, Napoli, 17 novembre, 15.30 [online] Presentazione in Open Access disponibile su Zenodo
“La scienza dovrebbe essere un bene comune e incondizionato, ma oggi viene gestita attraverso logiche e procedure che ne fanno un assett privato o una funzione assoggettata al controllo statale. Come si può garantire l’autonomia della ricerca e la tutela della missione pubblica della scienza? Attraverso quali infrastrutture tecnologiche e pratiche organizzative? E sulla base di quali cambiamenti normativi, istituzionali e culturali? Se ne discute con Roberto Caso, presidente dell’Associazione Italiana per la Scienza Aperta (AISA)”
5 novembre 2022
Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA): “scienza aperta e pace“
Open Science and Open Data in biomedical research
28 ottobre 2022
Orario di inizio
09:15
Palazzo di Giurisprudenza – Via Verdi 53, Trento
Sala conferenze Fulvio Zuelli
Roma, CNR, piazzale Aldo Moro, 7 – 20 e 21 ottobre 2022
Il settimo convegno annuale dell’AISA, organizzato da ILIESI/CNR – Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e la Storia delle Idee, in collaborazione con ILC/CNR – Istituto di Linguistica Computazionale «A. Zampolli» e con il Centro Interdipartimentale per l’Etica e l’Integrità nella Ricerca/CNR e la Biblioteca Centrale CNR “G. Marconi”, si svolgerà il 20 – 21 ottobre 2022 a Roma, presso la Biblioteca Centrale CNR “G. Marconi” in Piazzale Aldo Moro 7.
26 settembre 2022
Trento, 7 ottobre 2022, Trento, A Workshop on Adding Copyright Reform to the Open Access Agenda, LawTech Seminars 2022
Roma, 20-21 ottobre 2022 -VII convegno annuale dell’AISA – “Scienza aperta e società democratiche”
Trento, 28 ottobre 2022 – Scienza Aperta e Dati Aperti nella ricerca biomedica -Open Science and Open Data in biomedical research
Agenda digitale 26 settembre 2022, articolo pubblicato su questo blog il 24 agosto 2022 con il titolo “Un autunno caldo per la scienza aperta?“
Intervista di Michela Perrone al Prof. Roberto Caso, Policy and Procurement in Health Care, 7 settembre 2022
Roberto Caso
Voce del Dizionario AISA della scienza aperta
25 agosto 2022, modificata il 26 e il 28 agosto 2022, pdf qui, e su Zenodo
L’espressione “proprietà intellettuale” è di quelle che dominano la scena della contemporaneità. Eppure il suo uso come categoria giuridica che identifica numerosi differenti diritti di esclusiva su attività umane è molto recente. Attualmente la categoria include diritti d’autore, brevetti per invenzione, marchi, disegni industriali, indicazioni geografiche, segreti commerciali. Secondo una ricostruzione di un autorevole studioso della materia, l’uso della macrocategoria inizia a diffondersi a seguito dell’istituzione nel 1967 dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà (World Intellectual Property Organization o WIPO). La WIPO è un’agenzia delle Nazioni Unite che conta 193 Paesi membri ed è dedita allo sviluppo di un sistema normativo internazionale “bilanciato” ed efficace di proprietà intellettuale.
L’uso della macrocategoria si è poi definitivamente imposto – o è stato imposto dall’Occidente – attraverso una delle normative più emblematiche del capitalismo globale: l’accordo nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sui diritti di proprietà intellettuale del 1994 (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights o TRIPS).
Attraverso gli accordi normativi internazionali gli Stati hanno parzialmente ceduto la propria sovranità nazionale. Le grandi linee di sviluppo nonché il c.d. bilanciamento tra proprietà intellettuale e altri diritti sono nelle mani di organi e corti internazionali.
L’Unione Europea ha competenza nella materia e ha inserito la proprietà intellettuale nell’art. 17.2 della Carta dei Diritti Fondamentali, accostandola al vero diritto di proprietà e privandola, almeno a livello della lettera del testo, della clausola sociale.
La categoria della proprietà intellettuale rimane però filosoficamente e giuridicamente controversa per diverse ragioni.
a) Accumuna diritti che poco hanno a che fare l’uno con l’altro. Tali diritti hanno ragioni giustificative e finalità differenti. Il diritto d’autore disciplina le opere dell’ingegno della letteratura, dell’arte e della scienza. Il brevetto per invenzione riguarda l’innovazione industriale. Il marchio serve a identificare prodotti e servizi. E così via. La riconducibilità di questi diritti alla proprietà è discussa sia nel pensiero giusnaturalista sia in quello utilitarista.
b) Stabilisce un accostamento forzato tra diritti di esclusiva su beni tangibili (la proprietà in senso stretto) con i diritti di esclusiva su beni intangibili che hanno natura profondamente diversa. I beni tangibili sono rivali al consumo. I beni intangibili no: possono essere fruiti contemporaneamente da un numero infinito di persone. Lo stesso riferimento al bene intangibile come frutto dell’attività del pensiero umano è controverso.
c) Nasconde retoricamente la natura monopolistica del diritto di esclusiva. Un conto è parlare di proprietà, altro è parlare di monopolio. Nei sistemi capitalistici ad economia liberale il monopolio viene, almeno in linea teorica, contrastato dal diritto. Mentre la proprietà è un pilastro del capitalismo liberale. Nelle costituzioni in cui il diritto di proprietà è un diritto fondamentale – e non è il caso della Costituzione italiana – l’accostamento esplicito o implicito della proprietà intellettuale alla proprietà, significa fondamentalizzare il diritto, cioè renderlo inattaccabile da norme di legge ordinaria che contrastano con il contenuto costituzionale.
Negli ultimi decenni la normativa degli accordi internazionali ha esteso progressivamente il contenuto della c.d. proprietà intellettuale. Beni della conoscenza che in passato erano comuni oggi sono sottratti alla destinazione universale e gravati da esclusive. Ma c’è di più e di peggio. La proprietà intellettuale riguarda sempre di più il controllo delle infrastrutture tecnologiche e della loro logica (gli algoritmi) costituendo una barriera di accesso a monte del sistema di comunicazione e di progresso della conoscenza.
La proprietà intellettuale alimenta il capitalismo dei monopoli intellettuali che genera gravi disuguaglianze e mette a rischio la democrazia. Disuguaglianze tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Disuguaglianze, anche nei Paesi ricchi, tra persone che possono pagare il prezzo per l’accesso alla conoscenza e persone che non hanno questa possibilità. Si pensi, ad esempio, all’accesso ai testi e alle altre risorse formative della scuola e dell’università.
Peraltro, il fenomeno della concentrazione nelle mani di pochi soggetti del controllo esclusivo di informazioni, dati e capacità computazionale si basa oggi non solo sul diritto (la c.d. proprietà intellettuale) ma anche (e soprattutto) sul potere di fatto delle grandi piattaforme commerciali di Internet.
Nel campo della scienza la tendenza a privatizzare la conoscenza, cioè ad estendere le esclusive (giuridiche e di fatto) fino al controllo della ricerca di base, dei mattoni fondamentali del sapere, dei beni essenziali per la vita (ad es., farmaci e vaccini) e delle infrastrutture della comunicazione (prima fra tutte: Internet) mette a rischio la distinzione tra ricerca animata dal progresso della conoscenza (in particolare, la ricerca del settore pubblico per l’interesse di tutti) e ricerca orientata al profitto (di pochi). Alimenta i conflitti di interesse. Omologa le istituzioni accademiche e scientifiche alle aziende.
Fin dai primi anni 2000 c’è chi mette in guardia sul fatto che la scienza aperta è inconciliabile con la continua espansione della proprietà intellettuale. Quel monito è oggi più vero che mai.