AISA: Lettera aperta al presidente del consiglio e ai ministri della salute e dell’università e ricerca

18 febbraio 2021: lettera aperta dell’AISA su vaccini anti-COVD-19 e brevetti

Lettera aperta al Presidente del Consiglio, Prof. Mario Draghi, alla Ministra dell’Università e della Ricerca, Prof. Cristina Messa, al Ministro della Salute, On. Dott. Roberto Speranza

Proposta per una vaccino anti-COVID-19 pubblico e aperto

Trento, 18 febbraio 2021


Caro Presidente, cari Ministri,
L’AISA indirizza al Governo una proposta che si articola nei seguenti sei punti.

1. Cooperazione invece di competizione

Notizie di stampa riferiscono di centri di ricerca italiani che stanno studiando l’elaborazione di un nuovo vaccino anti-COVID-19. Alcuni di questi centri appartengono a università o enti di ricerca pubblici che fanno capo allo Stato e sono finanziati dal contribuente. In una situazione pandemica, continuare a costringerli a reinventare la ruota in nome del culto del brevetto e della competizione intestina non è soltanto inefficiente: è letale. Occorre trovare il modo di farli cooperare, nell’interesse dell’Italia e dell’umanità.

2. Un vaccino libero

Qualche giorno fa il Ministero dell’università ha pubblicato il Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027, che contiene anche alcune dichiarazioni a favore della scienza aperta (§ 3.5.1). In un paese in cui il dire è sempre stato più facile del fare, università ed enti di ricerca potrebbero finalmente essere incoraggiati a collaborare per mettere a disposizione di tutti – di tutti gli italiani e di tutti gli esseri umani – le conoscenze e le tecnologie necessarie a produrre un nuovo vaccino, in una concorrenza leale, sui principi ancor prima che sui prodotti, con le multinazionali del farmaco che, grazie ai brevetti, hanno potuto costruire un sistema fondato su un’artificiale – e mortale – scarsità.

3. Finanziamento pubblico e donazioni civiche

Il finanziamento di questa ricerca potrebbe basarsi su fondi statali – per esempio del MUR e del Ministero della Salute – e sul contributo volontario dei cittadini, italiani e no.

Una simile iniziativa può sperare di avere successo solo se le sue regole di base sono chiare e pubbliche, perché pensate allo scopo di garantire, con una sorta di patto fra cittadinanza e ricerca, che da ciò che è pubblico e liberalmente donato si ottenga qualcosa che sia destinato a rimaner pubblico e liberalmente donato. Questa donazione da parte della rete della ricerca pubblica e dei cittadini che la finanziano direttamente e indirettamente non salverebbe soltanto le vite di pazienti ricchi e poveri, italiani e no, ma metterebbe a disposizione delle imprese italiane e del mondo le conoscenze e la tecnologia relativa al nuovo, e libero, vaccino.

4. Collaborazione tra stato e imprese

Le imprese italiane potrebbero essere le prime a produrre il vaccino sia perché si gioverebbero di conoscenze e tecnologie geograficamente prossime, sia perché potrebbero approfittare del contributo del resto del mondo, costruito sulla loro conoscenza condivisa. Moderna ha scelto di sospendere unilateralmente e senza impegno le azioni giudiziarie a tutela dei propri brevetti allo scopo di trar vantaggio dall’inventiva altrui. Offrire però al resto del mondo la possibilità di sperimentare e contribuire a conoscenze e tecnologie legalmente aperte invece che solo provvisoriamente e arbitrariamente libere e potenzialmente costose sarebbe, di nuovo, una concorrenza morale, e non soltanto leale.

5. Strumenti giuridici

Gli strumenti giuridici per attuare i 4 principi sopra elencati non mancano. Una delle opzioni disponibili è la cosiddetta pubblicazione difensiva, cioè la pubblicazione di tutte le informazioni riguardanti la tecnologia alla base del vaccino. La pubblicazione difensiva, senza imporre ulteriori costi, distrugge la novità dell’invenzione e impedisce a tutti di brevettarla. L’esempio della rete mondiale alla base della distribuzione dei vaccini anti- influenzali dimostra che si possono concepire e attuare opportune misure organizzative e giuridiche volte a garantire il funzionamento della Scienza Aperta nel campo della tutela della salute.

Questa proposta permetterebbe di far uso di norme che già esistono per evitare che, con una sindemia – dovuta alla concomitanza dei problemi sanitari, economici e sociali – in atto, l’interesse di pochi monopolisti continui a prevalere sul diritto di tutti alla salute e alla conoscenza.

6. Licenze obbligatorie

È auspicabile che in tempi rapidissimi si proceda all’inserimento nel decreto legislativo, 10 febbraio 2005 n. 30 (codice della proprietà industriale) di una disposizione normativa sulle licenze obbligatorie nella materia della tutela della salute pubblica. Tra i grandi paesi europei, l’Italia è l’unica a non essersi dotata dello strumento delle licenze obbligatorie previste dall’art. 31 dei Trade Related Intellectual Property Rights (TRIPs). La recente proposta di legge n. 4149 (2016) della XVII legislatura si muoveva in questa direzione.

Cordiali saluti,

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA)

Silvia Bello (Università del Piemonte Orientale) Stefano Bianco (INFN, Laboratori Nazionali di Frascati) Roberto Caso (Università di Trento)
Emanuele Conte (Università Roma Tre)
Giovanni Destro Bisol (La Sapienza, Roma)
Ilaria Fava (Göttingen State and University Library) Paola Galimberti (Università di Milano)
Enrico Pasini (Università di Torino)
Maria Chiara Pievatolo (Università di Pisa)