La scienza dell’Upside Down (e la libertà perduta)

Roberto Caso, Note a margine dei primi otto anni di vita dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) – 17 ottobre 2023

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I. L’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) è nata con una conferenza tenutasi a Roma presso La Sapienza grazie all’organizzazione e all’ospitalità di Giovanni Destro Bisol e Paolo Anagnostou nel marzo del 2015. Nell’ottobre dello stesso anno si tenne, grazie al coordinamento di Maria Chiara Pievatolo, il primo convegno annuale presso l’Università di Pisa. Pisa è luogo simbolico. Uno degli atti fondativi della scienza moderna come scienza pubblica, non segreta, è nella scelta di Galileo Galilei di dare alle stampe il Sidereus Nuncius, una scelta che il grande pisano compì con l’intenzione di raggiungere il maggior numero possibile di lettori.

I soci fondatori vollero scrivere uno statuto che rispecchiasse l’idea della scienza come comunità umana autonoma, libera, democratica che dialoga in pubblico con le tecnologie della parola. L’associazione non solo promuove la scienza aperta, ma opera in base ai suoi valori e principi. Ciò spiega perché tutta la documentazione fondamentale è pubblica e accessibile sul web e perché le cariche direttive non possono essere a vita, ma hanno durata limitata. In particolare, gli articoli 5 e 6 dello statuto prevedono che membri del consiglio e presidente non possono essere rieletti consecutivamente per più di una volta. In altri termini, la carica non può durare più di otto anni consecutivi.

Ho avuto l’onore di essere stato eletto presidente a Roma nel 2015 e rieletto per il secondo mandato nel convegno annuale di Udine del novembre del 2019. Ora, nell’ottobre del 2023, in occcasione dell’ottavo convegno annuale presso l’Università di Bari, cedo il testimone alla prossima presidenza.

Ci tengo a ringraziare a tutti i soci, il primo e il secondo consiglio direttivo e tutte le persone che hanno collaborato con l’AISA pur non facendone parte, a cominciare dalle relatrici e dai relatori che hanno partecipato alle tante iniziative convegnistiche e seminariali dell’associazione. Ci tengo a ringraziare anche i soci che non sono più con noi e ci mancano molto: Pietro Greco e Paolo Anagnostou.

Oggi l’associazione è un po’ più grande (o un po’ meno piccola) del nucleo iniziale del 2015, gode di buona salute finanziaria ed ha qualche eco in Italia e all’estero. Ma il lavoro da svolgere per promuovere la scienza aperta in Italia resta enorme. Pur lasciando la presidenza, continuerò – se l’AISA lo vorrà e lo riterrà utile – a dedicare tempo ed energie alla vita e all’attività associative.

Viviamo, com’è noto, un’epoca “difficile” per l’umanità. La scienza non è immune dai problemi che affliggono gli esseri umani e il mondo che (temporaneamente) abitano.

II. Per provare a spiegare alcuni aspetti di questi problemi userò un esperimento mentale che si basa una metafora cinematografica familiare anche ai più giovani.

Immaginiamo che esista un mondo parallelo alla scienza umana, una sorta di Upside Down. Un Sottosopra tenebroso, cupo, corrotto, popolato da creature mostruose prive di libertà che rispondono agli ordini di un malefico essere superiore (Mind Flyer).

In questa realtà parallela a quella umana, la scienza non risponde ad argomenti discutibili e falsificabili, ma a numeri. La comunità scientifica non si organizza secondo norme etiche, ma viene governata dai numeri riferibili a “prodotti“. Ad esempio, la valutazione della ricerca, per le più svariate finalità, si basa essenzialmente su indicatori, algoritmi e metriche. I fondi per il finanziamento della ricerca di base e la progressione di carriera dei ricercatori vengono distribuiti partecipando a una competizione feroce e senza esclusione di colpi (anche scorretti) che si gioca con misure quantitative. Questa competizione sembra assomigliare più a una guerra che a una gara sportiva. Non è un caso che in questa dimensione orrorifica si sia diffuso un motto: pubblica o (scientificamente) muori. Pubblica qualsiasi cosa anche poco o per niente originale, purché faccia numero. Pubblica e paga – se “necessario” – o muori.

Ad una prima occhiata superficiale questo sistema ha i suoi punti forti. Le decisioni si prendono rapidamente, senza troppe e lunghe discussioni pubbliche, facendo riferimento a misure (apparentemente) oggettive. Si producono classifiche di ogni tipo che orientano le decisioni di tutti. Si premiano i vincitori con denaro e medaglie di merito (la cosiddetta  eccellenza).

Cosa c’è di più scientifico dei numeri? Se i numeri sono il linguaggio della scienza, perché non dovrebbero essere strumenti di governo e decisione della comunità degli scienziati?

La risposta a queste domande non è scontata, almeno dal punto di vista della scienza (umana) moderna.

I numeri della valutazione non sono nella disponibilità delle creature inferiori del Sottosopra, ma sono chiuse in poche piattaforme di analisi dei dati protette da proprietà intellettuale, misure tecnologiche e prezzo del contratto di abbonamento. Le creature, costantemente sorvegliate, devono pagare, con denaro (se possono permetterselo) e dati personali, il calcolo dei numeri valutativi da parte delle banche dati oligopolistiche. Le creature non possono replicare i calcoli effettuati dalle banche dati. Le creature non sono uguali: ci sono valutati e valutatori. I valutatori sono creature più mostruose delle altre e sono armate di spade magiche. Le spade magiche traggono il proprio potere offensivo direttamente dall’essere superiore malefico che sorveglia, valuta e punisce. Ai valutati che pensano di subire giudizi ingiusti non rimane che rivolgersi, tramite gli Avvocati Mostruosi Amministrativisti (AMM), al Tribunale Mostruoso del Sottosopra (TMS) ed eventualmente, in ultima istanza, al Consiglio Mostruoso del Sottosopra (CMS).

La conoscenza prodotta dalle creature mostruose (valutati e valutatori) viene protetta da proprietà intellettuale e ceduta ai “monopoli intellettuali” che nel mondo gerarchico del Sottosopra sono mostri di maggiori dimensioni, più voraci e aggressivi che si collocano sul gradino immediatamente inferiore a quello dove siede l’essere malefico superiore. I monopoli intellettuali hanno il controllo delle infrastrutture tecnologiche e dei dati. Persino se si tratta di conoscenza che salva la vita delle creature essa viene protetta da brevetti destinati ad essere ceduti ai monopoli intellettuali. Una parte della popolazione che vive nelle zone più povere del Sottosopra sarà per questo condannata a morire, ma tale esito fatale in un mondo mostruoso non interessa alle creature più ricche e fortunate.

Per quanto prive di libertà le creature mostruose biologiche del Sottosopra trovano nel servire il capo e nello scalare la gerarchia della mostruosità la ragione della propria esistenza (scientifica o commerciale), ma non sanno che l’essere malefico progetta il loro annientamento e la loro sostituzione con macchine non biologiche che si cibano di grandi quantità di dati. Tali macchine chiamate Intelligenza Mostruosa (IM) promettono, dopo un bagno nell’etica di facciata, di fare a meno della teoria e di generare ragionamenti scientifici “migliori” delle creature mostruose biologiche.

La scienza dell’Upside Down è mostruosa perché rappresenta una perversione della scienza umana moderna. Quest’ultima emula i meccanismi di governo di una società democratica nella quale la conoscenza costituisce un bene comune inappropriabile, l’uomo di scienza, anche quando appartenente a un’istituzione, fa uso pubblico della ragione e la legittimazione a criticare gli altri uomini di scienza non deriva da un potere politico, amministrativo o economico ma dallo studio.

Insomma, la scienza del Sottosopra non ha niente di scientifico. Le sue apparenti virtù – traduzioni di argomenti in numeri, rapidità e indiscutibilità delle decisioni, accentramento e verticalizzazione dell’organizzazione della ricerca, proprietà intellettuale – non sono altro che manifestazioni di un potere politico ed economico autoritario.

Immaginiamo alla fine di questo esperimento mentale che la scienza del mondo del Sottosopra sia riuscita ad aprire un portale sul mondo degli uomini e abbia incominciato ad avvelenare la scienza umana. Abbiamo bisogno di un altro eroe (o di un altro supereroe) per salvare la scienza degli uomini? Nella serie TV a cui si ispira questo esperimento mentale non sono eroi a salvare il mondo, ma un piccolo gruppo di adolescenti dotati solo di solidarietà, fantasia e ingenuità.

Morale: per lasciare un’eredità alle nuove generazioni e (provare a) cambiare (in meglio) il mondo in cui gli scienziati lavorano non occorrono eroi, ma insegnanti e studenti disposti a impegnarsi a esplorare strade alternative.

III. In questi otto anni l’AISA ha provato a tener vivo il dibattito italiano sulla scienza aperta e a discutere pubblicamente qualche proposta su come cambiare il sistema.

La formulazione delle proposte nasce da una visione scientifica della realtà che non accetta l’assioma in base al quale non c’è un’alternativa (TINA). Nel progresso della conoscenza come nella politica esistono sempre alternative in attesa di essere esplorate e sperimentate.

Per dare un’idea delle proposte dell’AISA mi limito ad alcuni esempi che riguardano le quattro sessioni in cui è articolato l’ottavo convegno annuale dell’associazione: a) valutazione; b) monopoli intellettuali; c) infrastrutture; d) formazione.

a) Valutazione. Non si può discutere di valutazione senza interrogarsi sull’autonomia e sulla libertà di valutatori e valutati (v. qui, qui, qui, qui e qui). In Italia la valutazione amministrativa di Stato è espressione del potere esecutivo. La legittimazione di questo potere non viene dalla scienza ma da un potere (il Governo) dello Stato sorvegliato dal giudice amministrativo. Che il potere esecutivo abbia un ruolo così rilevante nel sistema della ricerca è una questione giuridica che va analizzata alla luce degli art. 21 e 33 della Costituzione italiana nonché degli art. 11 e 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Oggi in Europa si discute di riforma della valutazione della ricerca, ma questa discussione non può prescindere dal diritto e dalle leggi che determinano ruoli e poteri dei valutatori. Non è solo questione di come si valuta, ma anche e soprattutto di chi ha il potere di farlo e con quali strumenti giuridici. La formalizzazione giuridica dei processi e delle regole della valutazione ha un impatto profondo sulle norme sociali della scienza. Tale impatto merita di essere studiato attentamente.

b) Proprietà intellettuale e monopoli intellettuali. Qual è il ruolo della scienza che non opera (o non dovrebbe operare) per il profitto? A quali principi deve rispondere il rapporto tra università e mercato? Ad es. l’università come deve relazionarsi alle imprese editoriali e di analisi dei dati della valutazione della ricerca o alle imprese farmaceutiche? Quando tali imprese hanno potere monopolistico, a quali politiche l’università deve rispondere? A queste domande AISA ha provato a rispondere non solo organizzando occasioni di dibattito pubblico (v., ad es., qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui), e prendendo posizione pubblica nei processi di normazione (v. qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui), ma anche avanzando proposte di cambiamento del sistema. Mi riferisco alla proposta di modifica della legge italiana sul diritto d’autore volta a istituire un nuovo diritto di ripubblicazione in accesso aperto delle opere scientifiche (Secondary Publication Right) e alla proposta di vaccino aperto, cioè libero da proprietà intellettuale.

c) Infrastrutture tecnologiche. Se anche tutta la scienza fosse libera da proprietà intellettuale, si porrebbe il problema di chi ha il controllo delle infrastrutture tecnologiche e il potere computazionale per processare dati e informazioni. A maggior ragione il problema si pone in un mondo in cui i monopoli intellettuali associano il potere giuridico della proprietà intellettuale a quello di fatto che deriva dal controllo delle infrastrutture. Per questa ragione l’AISA non solo ha voluto porre in esponente il dibattito sulle infrastrutture tecnologiche, ma ha anche voluto testimoniare che esistono alternative – in Italia il GARR (v. qui e qui) – all’uso delle piattaforme che fanno capo ai monopoli intellettuali.

d) Formazione. Se c’è una possibilità di cambiare (in meglio) il sistema sta nella formazione, cioè nell’insegnamento. Si tratta, invero, del tema più importante. Senza insegnare alle nuove generazioni nelle scuole e nelle università cosa è la scienza aperta e come praticarla, il mondo del Sottosopra è destinato a prendere il sopravvento.

IV. L’ottavo convegno annuale dell’AISA cade, purtroppo, in un periodo storico molto difficile in cui la guerra ha occupato la quotidianità degli uomini. Non è inopportuno richiamare il nesso che esiste tra la scienza aperta e la pace. Chiudo, perciò, riproducendo le parole che Maria Chiara Pievatolo ha scritto poco tempo fa a nome dell’AISA.

“Se s’intende la scienza aperta come un metodo d’indagine e di discussione fondato sulla libertà dell’uso pubblico della ragione e non come un adempimento amministrativo, è difficile immaginarla compatibile sia con la ricerca direttamente finalizzata a scopi bellici, sia con il suo indiretto asservimento alla potenza degli stati armati per la guerra. Se infatti riconoscessimo che la guerra è un modo legittimo di risolvere le controversie internazionali e non solo una triste necessità da superare al più presto, dovremmo ammettere, contro la ricerca della verità, un uso legittimo della menzogna propagandistica, e, contro il perseguimento di composizioni dei conflitti che pongano fine alla violenza, un appello legittimo alla legge del più forte. Fra la libertà della ricerca e la pace come impegno comune alla costruzione di un confronto non violento c’è dunque un nesso non accidentale, sia per il metodo dell’indagine, sia per l’interesse dell’umanità alla sopravvivenza e all’emancipazione. Come associazione per la promozione della scienza aperta ci proponiamo di approfondire questo tema aggiungendolo fra gli argomenti delle nostre iniziative future”.